Sono gli avvocati, o, meglio, le avvocatesse, più evolute che mi contattano quasi sempre per fare il coaching d ella mia lawacademy, per migliorare la loro pratica professionale.
Sono persone che sono già ad un livello superiore a quello della media degli avvocati, avvocatesse che già potrebbero insegnare molte cose al legale italiano medio.
La cosa paradossale è che da quella vasta platea di legali pur in enorme difficoltà, invece, non si alza se non raramente nessuno.
La differenza, dunque, la fa come sempre la consapevolezza: chi è già abituato a lavorare su se stesso, a livello sia personale che professionale, vede o famosi «spazi di miglioramento» e decide di investire sugli stessi.
Tutti gli altri, invece, li trovi su facebook in occasione della diffusione dell’ennesima statistica negativa sugli avvocati a commentare «ha stato la cassah!»
Questa è una cosa che mi colpisce molto, perché gli spazi di miglioramento per l’avvocato medio, che non ha mai fatto
contentmarketing, non ha mai lavorato seriamente sull’utilizzo della tecnologia, non è in grado di usare consapevolmente le reti sociali, sono letteralmente enormi.
Enormi, potenzialmente sconfinati.
Già dopo due o tre sessioni individuali di coaching gli avvocati dispongono di punti di vista nuovi ed estremamente innovativi, cambiano già in senso molto più funzionale il loro modo di lavorare e a breve sono in grado di raccoglierne i frutti.
Perché allora tutta questa grande ignavia, considerando che si tratta in fondo di persone che si sono date da fare per prendersi una laurea, nemmeno così facile e leggera come si crede, fare un biennio di pratica e superare un esame di abilitazione, anche questo non così leggero?
Onestamente, non ho risposte.
Io sono uno che ha bisogno di capire tutto quello che fa e riuscire, in fondo, ad amarlo, fosse anche un mestiere difficile come la professione forense di oggi.
Ho bisogno – quando faccio una cosa, una qualsiasi – di chiedermi in continuazione «questa cosa, potrei farla in un altro, e migliore, modo?», di rifarla poi nel modo migliore, esserne soddisfatto e mettere a punto tutte le volte i miei metodi, le mie procedure, perché voglio che in quello che faccio ci siano i segni benefici della mente che ci ha lavorato…
Non mi riesce, sempre, ovviamente, ma qualcosa di buono, col tempo, sono riuscito a crearlo e molti di quei metodi oggi sono copiati, mutuati, insegnati da e ad altri studi legali, anche se ovviamente quegli stessi metodi cambiando col tempo, in parallelo con la mia evoluzione come professionista.
C’è qualcosa che non va se fai le cose sempre invariabilmente nello stesso modo, specialmente in un mondo professionale attinto dalla tecnologia come il nostro (é chiaro che se devi stagionare dei prosciutti, all’esatto opposto, é meglio rispettare la tradizione).
Per cui io tutta questa ignavia, questa abulia, della pressoché totalità degli avvocati proprio non la capisco, anche perché io affronterei allo stesso modo qualsiasi altro mestiere mi fosse capitato di fare.
Certo, anche io preferirei di gran lunga restare a letto – un posto magnifico – al mattino, piuttosto che alzarmi per andare ad ascoltare delle persone, ma il punto è che siccome lo devo fare, cerco di farmelo piacere e per farmelo piacere devo innestare la sfida di farlo almeno nel modo più funzionale possibile: l’attenzione si sposta un po’ anche dunque sul processo e questo rende affascinante qualsiasi cosa tu faccia.
Evviva noi.
👉🎯 vuoi migliorare la tua pratica di avvocato? whatsapp 0️⃣5️⃣9️⃣ 7️⃣6️⃣1️⃣9️⃣2️⃣6️⃣ per maggiori informazioni 👍