Content marketing Italia: puntata 205.

Stamattina ho trovato una nuova puntata di CMI, un podcast formalmente chiuso alla puntata 200 ma in cui ogni tanto a sorpresa appaiono nuove puntate extra.

Ti consiglio di ascoltare e scaricare la nuova puntata, sul content marketing come sistema operativo del marketing, come sempre utile e stimolante.

Ti consiglio, inoltre, di seguire l’autore, Alessio Beltrami, che é bravissimo e un vero guru del contentmarketing, c’è anche un suo libro che parimenti é raccomandabile.

Scrivo questo post nel bel mezzo di una sospensione demenziale per alcuni giorni da facebook, con la conseguenza che mi potrai leggere solo tu che sei abbonato al blog o ci sei arrivato tramite google.

Sono sempre più convinto che i blog resteranno fondamentali per sempre, sicuramente sono meno immediati e facili da leggere di un social, ma se si ha la pazienza di curare le proprie fonti e la propria strategia di lettura sono l’unico sistema che ti può garantire di avere i contenuti che ti servono invece di quelli che ti vogliono mostrare gli altri.

Ascolta la nuova puntata di Alessio.

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10 cose su vendere on line.

1) La prima cosa da dire é che vendere online non è quasi per niente diverso dal vendere off line: valgono più o meno le stesse
considerazioni e le stesse regole.

2) Piuttosto, la possibilità di vendere on line ha facilitato molte cose: puoi comunicare molto più agevolmente col pubblico dei tuoi potenziali clienti, da un lato; inoltre, dall’altro, puoi raggiungere, grazie alla logistica, molte più persone di quelle che potevi contattare prima.

3) La vendita, alla sua base, rimane un fenomeno emozionale: nessuno compra per motivi logici la cosa più conveniente, tutti comprano la cosa che piace loro di più o dal venditore con cui sono più in risonanza.

4) Te lo ribadisco, perché è bene che te lo metti in testa per bene: nelle vendite, come in qualsiasi cosa della vita, la ragione sceglie, ma l’emozione decide.

5) La prima vendita non ti serve mai per incassare dei soldi, ma per creare un cliente. Capisci la differenza?

6) Quando crei un cliente, stai gettando le basi di un business ricorrente, basato su persone che, una volta entrate nella tua orbita, periodicamente comprano da te – questo è fondamentale per la sostenibilità di ogni business.

7) Il «business forense» purtroppo difetta in larga parte del requisito della ricorrenza: questo lo rende più arduo di altri.

8) Per vendere devi fare marketing. Per fare marketing devi fare leadgeneration. Per fare lead generation devi creare dei contenuti: blog post, puntate di podcast, video, altro (contentmarketing).

9) Questa catena, che sembra la fiera dell’Est, é l’unica che funziona. Ti spiegherò meglio in un prossimo post, adesso l’importante è che inizi a produrre contenuti in cui parli del tuo lavoro, come lo fai tu in modo diverso dai tuoi concorrenti e per quali motivi le persone dovrebbero comprare da te piuttosto che dagli altri.

10) Se non hai voglia di parlare del tuo lavoro, di come lo fai, dei «trucchetti» per affrontarlo meglio, allora vuol dire che il tuo lavoro non ti piace e dovresti seriamente considerare di cambiarlo. Non scherzo su questo, pensaci molto bene perché è molto
significativo.

(l’eventuale condivisione é sempre gradita…)

Canva diventa una app.

Canva é uno strumento per la creazione di grafiche, da banali storie per instagram a cover per facebook, canali YouTube e così via.

Nato come servizio utilizzabile solo sul web, adesso si può usare anche tramite app per il mac – immagino sia disponibile anche per altri sistemi operativi.

Funziona con la logica freemium: alcune cose sono gratuite, altre a pagamento. Personalmente, non ho mai sentito l’esigenza di passare alla versione a pagamento.

Sono disponibili tantissimi modelli per realizzare gli oggetti grafici che servono di volta in volta.

Penso che possa essere uno strumento molto utile per tutti i professionisti che fanno contentmarketing, tra cui ovviamente anche gli avvocati.

Avvocati: spazi di miglioramento enormi.

Sono gli avvocati, o, meglio, le avvocatesse, più evolute che mi contattano quasi sempre per fare il coaching d ella mia lawacademy, per migliorare la loro pratica professionale.

Sono persone che sono già ad un livello superiore a quello della media degli avvocati, avvocatesse che già potrebbero insegnare molte cose al legale italiano medio.

La cosa paradossale è che da quella vasta platea di legali pur in enorme difficoltà, invece, non si alza se non raramente nessuno.

La differenza, dunque, la fa come sempre la consapevolezza: chi è già abituato a lavorare su se stesso, a livello sia personale che professionale, vede o famosi «spazi di miglioramento» e decide di investire sugli stessi.

Tutti gli altri, invece, li trovi su facebook in occasione della diffusione dell’ennesima statistica negativa sugli avvocati a commentare «ha stato la cassah!»

Questa è una cosa che mi colpisce molto, perché gli spazi di miglioramento per l’avvocato medio, che non ha mai fatto
contentmarketing, non ha mai lavorato seriamente sull’utilizzo della tecnologia, non è in grado di usare consapevolmente le reti sociali, sono letteralmente enormi.

Enormi, potenzialmente sconfinati.

Già dopo due o tre sessioni individuali di coaching gli avvocati dispongono di punti di vista nuovi ed estremamente innovativi, cambiano già in senso molto più funzionale il loro modo di lavorare e a breve sono in grado di raccoglierne i frutti.

Perché allora tutta questa grande ignavia, considerando che si tratta in fondo di persone che si sono date da fare per prendersi una laurea, nemmeno così facile e leggera come si crede, fare un biennio di pratica e superare un esame di abilitazione, anche questo non così leggero?

Onestamente, non ho risposte.

Io sono uno che ha bisogno di capire tutto quello che fa e riuscire, in fondo, ad amarlo, fosse anche un mestiere difficile come la professione forense di oggi.

Ho bisogno – quando faccio una cosa, una qualsiasi – di chiedermi in continuazione «questa cosa, potrei farla in un altro, e migliore, modo?», di rifarla poi nel modo migliore, esserne soddisfatto e mettere a punto tutte le volte i miei metodi, le mie procedure, perché voglio che in quello che faccio ci siano i segni benefici della mente che ci ha lavorato…

Non mi riesce, sempre, ovviamente, ma qualcosa di buono, col tempo, sono riuscito a crearlo e molti di quei metodi oggi sono copiati, mutuati, insegnati da e ad altri studi legali, anche se ovviamente quegli stessi metodi cambiando col tempo, in parallelo con la mia evoluzione come professionista.

C’è qualcosa che non va se fai le cose sempre invariabilmente nello stesso modo, specialmente in un mondo professionale attinto dalla tecnologia come il nostro (é chiaro che se devi stagionare dei prosciutti, all’esatto opposto, é meglio rispettare la tradizione).

Per cui io tutta questa ignavia, questa abulia, della pressoché totalità degli avvocati proprio non la capisco, anche perché io affronterei allo stesso modo qualsiasi altro mestiere mi fosse capitato di fare.

Certo, anche io preferirei di gran lunga restare a letto – un posto magnifico – al mattino, piuttosto che alzarmi per andare ad ascoltare delle persone, ma il punto è che siccome lo devo fare, cerco di farmelo piacere e per farmelo piacere devo innestare la sfida di farlo almeno nel modo più funzionale possibile: l’attenzione si sposta un po’ anche dunque sul processo e questo rende affascinante qualsiasi cosa tu faccia.

Evviva noi.

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Stai creando contenuti o pettini ancora le bambole?

Una puntata molto bella dal podcast «marketing semplice», che consiglio comunque di seguire, che riassume con puntualità le principali modalità di contentmarketing e la loro importanza al momento attuale.

Totalmente in linea con quello che consiglio da anni nella mia lawacademy: avere un blog come hub di tutte le tue attività di creazione contenuti, usando poi i social per generare contatti verso per lo più il blog stesso, che é l’unico strumento che rimane sempre tuo.

Ricordati che creare contenuti é fondamentale e irrinunciabile per qualsiasi attività, ente, organizzazione, avvocati compresi: se non parli del tuo lavoro, significa che il tuo lavoro non ti piace.

E se il tuo lavoro non ti piace, nessuno vedrà mai facilmente un motivo per comprare da te.

Il lavoro, ovviamente, fa schifo a tutti: molto meglio restare a letto o andare in spiaggia.

La differenza la fa chi riesce a trovarci quei pochi o tanti lati positivi che ci sono (cerca con Google il mio vecchio post «fare l’avvocato é bellissimo», ad esempio)

https://bit.ly/3Eec2P6

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